Alla base del labirintico potere cibernetico sta l’uomo. Uomo in quanto tizio, asessuato.
L’uomo esprime la natura frattale del labirinto e della rete.
La rete è espressione di un potere contemporaneo e futuro.
Il futuro è inconoscibile, ma ipotizzabile.
Prima si immaginava, oggi si analizza e si prevede con molta attenzione.
Attenzione perché il futuro potrebbe non essere serenissimo.
Attenzione perché il nostro futuro, per intenderci il contemporaneo, è uno sfacelo. Una rovina per il genere umano.
Umano alla base dell’uomo, tizio asessuato.
Uomo alla base del potere cibernetico, tentacolare… quindi labirintico.
E questa è la premessa.
Da qualche anno leggo principalmente saggi legati alla musica, alla sonorità, alla primitività della sonorità musicale.
E questo perché il suono è il primo movimento dell’immobile (Scelsi).
Ne ho letto uno di Steve Goodman, in questo viene citato il professor Gunderson: È il riff-meme, in definitiva, a costituire l’unità di base della tradizione musicale afroamericana, e non un qualsivoglia corpus o genere o tradizione in cui il fattore principale è costituito dalla ripetizione.
Il riff è inteso come segmento di suono ripetuto. Fondamentale sostegno dell’improvvisazione costitutiva del labirinto.
Per Jacques Attali il labirinto è la materializzazione di un inconscio collettivo. Dunque la natura cibernetica crea nomadi virtuali inseriti in un labirinto. Il corpo lo è, il cervello pure, se vogliamo. Facile perdere la via iniziale.
Collettivo è grammatica della società, dei molti. Collettivista è tutto ciò che è triste e a cui è doveroso resistere.
Resistenza è liberazione dalla repressione, la sfida al racconto dei potenti (Loach). La musica afro-diasporica lo insegna, il rumore che porta al punk lo insegna. E non è una questione di gusto o di preferenze. Va accolta sempre, al di là d’ogni circostanza.
La circostanza non conta. Mai.
Che il duemilaventicinque sia.